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Oggi regaliamo ai nostri seguaci più indefessi un brano in due movimenti: Gli sposi (tratto da L’asino blu di Alessandro Trasciatti, Flussi edizioni d’arte, 1997) e Cento scacciapensieri, che è invece tutto inedito, sempre dalla penna beffardamente chiara di Trasciatti. Un’occasione d’oro per collezionare pause caffè in quest’ultimo mercoledì maggese.
Gli sposi
Non ricordo che ci fossimo scambiati promesse di amore eterno. Non ci furono solenni giuramenti, né programmi di vita in comune. Ma, stringendola al petto, io sapevo di aver compiuto una scelta e ne ero fiero. Guardandola in silenzio o parlando di cose indifferenti, rinnovavo incessantemente il mio spontaneo voto di dedizione, il mio sposalizio unilaterale e segreto. Solo rimanendo nell'ombra, rinunciando ad essere formulato il mio desiderio si sarebbe realizzato. No, lei non avrebbe mai accettato di sposarmi, si sarebbe irrigidita nel timore di perdere la sua libertà così precaria, forse la sua stessa identità. Magari col tempo me lo avrebbe chiesto lei stessa, ma ora era opportuno evitare la questione e lasciare le nostre vite scorrere su binari differenti che, così, s'incontravano sempre più spesso fondendosi spontaneamente in un'unica direzione di marcia. Sì, nella pratica eravamo già, felicemente, marito e moglie, ma l'unico ad aver contratto matrimonio ero io.
Quella felicità che io credevo inalterabile ben presto andò in frantumi. Accadde ciò che non doveva accadere, lei scoprì il mio segreto e fu la fine della nostra relazione. Non so come riuscì a capire che io, senza il suo consenso, l'avevo sposata e coltivavo nel mio cuore il sogno di un perenne contratto d'amore. Sono propenso a credere che lei non abbia mai sospettato nulla fino al momento di una mia inconsapevole e sciagurata rivelazione. Forse mi tradii parlando nel sonno, o lasciai trapelare qualcosa da un'occhiata troppo intensa. Forse intuì la verità dal muoversi del mio corpo sopra di lei, o forse furono questi e molti altri indizi che, insignificanti se presi un ad uno, andarono intessendo una fitta rete di rimandi silenziosi e, quando l'ultimo e casuale elemento venne ad aggiungersi, mostrarono un disegno compiuto e perfettamente comprensibile. Non volle sentire ragioni. Divenni ai suoi occhi un uomo insopportabile, possessivo, asfissiante e giunsi a convincermene io stesso. Mi lasciò dopo due giorni di violenti litigi, durante i quali mi coprì di insulti che io sopportavo inebetito. Ancora adesso continuo a maledire la natura che ci ha fatti così pieni di falle, di crepe che lasciano sfuggire schegge incontrollabili di senso, contro la nostra volontà. Eppure - mi dicono gli amici - se sono stato io stesso a tradirmi, era questo che desideravo.
Cento scacciapensieri
Per colmare l’enorme e improvvisa voragine che si aprì nella mia esistenza quando lei mi lasciò cominciai a collezionare gli oggetti più diversi. Fino ad oggi ho traslocato tre volte, in appartamenti sempre più grandi, per fare spazio alle mie raccolte. Quel vuoto si è trasformato, in apparenza, nel suo contrario, in un rigonfio di cose, ma questo eccesso di pieno è solo un inganno per sviare gli occhi indiscreti. Chi mi conosce bene sa cosa si nasconde dietro la smania del collezionista. Sono passato senza soluzione di continuità e senza troppa perizia dalle conchiglie ai minerali, dalle monete ai francobolli, dalle bottiglie di liquore mignon alle etichette dei vini. Ho allineato sugli scaffali centinaia di modellini di auto, soldatini di piombo, locomotori elettrici. Ho riempito i cassetti di carte da gioco nelle loro varietà regionali, schede telefoniche e cartoline d’epoca. Una dopo l’altra ho lasciato perdere le serie invecchiate in fretta e ne ho intrapreso di nuove che sono andate a sommarsi alle altre senza prenderne il posto. Nessuna è rimasta indietro, sono un collezionista che si stanca presto ma che resta fedele al proprio passato e ama farne mostra. Non sono oggetti di grande valore – questo è chiaro – ma io ci tengo ugualmente e per ogni collezione ho approntato un catalogo con una descrizione sommaria di ogni singolo pezzo. Su uno scaffale, accanto ai libri, ci sono delle piccole rubriche con la copertina rossa in cui ho riassunto il mio tesoro domestico. Ho anche intrapreso il trasferimento dei dati nel computer, ma è un lavoro lungo a cui mi dedico mezz’ora al giorno.
La mia raccolta più recente, quella che tuttora coltivo, sono tutti scacciapensieri. Per adesso ne possiedo una cinquantina, di diverse forme e grandezze. Quando ne avrò messi insieme un centinaio riunirò cento amici all’ombra di un olivo secolare, in un giorno d’estate, e suoneremo tutti insieme i nostri cento scacciapensieri. Sarà come un’esplosione di cicale nel sole rovente del dopopranzo. Suoneremo fino a sera. Poi ospiterò gli amici a casa mia, con cura sistemerò anche loro sugli scaffali. Sarà difficile farceli entrare, ma ci riuscirò a costo di traslocare ancora. Porterò dentro anche l’olivo secolare. Il mondo è fragile e indifeso, non posso lasciarlo fuori casa.
Alessandro Trasciatti (Lucca, 1965) ha fatto l’archivista e il piccolo editore, poi è finito alle Poste. Ha pubblicato racconti, recensioni e articoli su riviste di vario genere:“Paragone, “Poesia”,“Gente Viaggi”. Negli anni ha raccolto i suoi testi in tre volumetti: Prose per viaggiatori pendolari (Mobydick 2002), Il dottor Pistelli. Una vita in ritardo (Garfagnana 2013), Scampoli (Oèdipus 2017). Ha scritto inoltre il romanzo La via dell’orco (Trasciatti 2008) e Avevo costruito un sogno (Ediesse 2014), biografia di Ferdinand Cheval, postino e artista.
Prospero Editore