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Letteratura espressa - Una vecchia foto
Letteratura espressa - Una vecchia foto-image

Prima dell’arrivo di smartphones e compatte, molto tempo fa (ma no, nemmeno poi tanto), si scattavano foto analogiche sfruttando la pellicola. Ricordate? Vi è capitato di recente di scorrere tra le mani delle stampe imperfette, magari con le teste dei soggetti tagliate fuori o il primo piano sfocato? Fatelo, in caso contrario, ma attenti perché a volte la memoria gioca brutti scherzi

 

Una vecchia foto

 

Lei sta guardando vecchie foto di famiglia.

Fruga nella scatola di scarpe e sorteggia schegge di vita tanto lontane da sembrare appartenere a sconosciuti.

Però quel cappellino cucito all'uncinetto con il pizzo Valencienne ricorda di averlo fatto proprio lei: risente il cotone candido scorrerle tra le dita, mima il roteare del polso che sostiene il ferro, risente il ritmo che guida la danza delle mani.

Si deve proprio decidere ad andare dall’ottico per i nuovi occhiali che le hanno prescritto per la maculopatia, che ora non le permette quasi più di vedere.

Intanto la bimba sorride sdentata dentro la carrozzella inglese, e tutto intorno è estate.
Sullo sfondo, oltre la ringhiera di legno, due cigni si guardano, immobili nell’acqua immobile.
Sicuramente Lei era lì a fianco, fuori dall’obiettivo. Chissà che vestito indossava, chissà come era pettinata?
Sì, quella sua figlia sembrava proprio una bambola di porcellana, con la manina aperta ferma in un saluto astratto, seduta con le gambette corte e cicciotte, con gli occhi socchiusi per il sole.

Lei chiude le palpebre solo un momento, per calmare il bruciore, e la bimba scende dalla carrozzella, appoggia i piedi sul ghiaino candido e con un’andatura incerta scompare dalla foto.
Dove sarà andata, adesso?
Con le mani tremanti rovista nella scatola e, angosciata, la cerca tra le feste di compleanno, le vacanze a Moscenicka Draga, i terrazzi romani assolati. Nulla! Pare scomparsa. Solleva il mucchio delle foto e le rovescia sulla scrivania. Dalle cornici d’argento la famiglia intera, con sorrisi cristallizzati, segue allarmata la sua ricerca. Nulla!
Dove sarà andata, adesso?

La bimba è finita sul tappeto, proprio accanto alle pantofole azzurre di pelouche.
Si guarda attorno sperduta, stordita da quei colori che improvvisamente hanno invaso il suo quieto mondo in bianco e nero. Vede le gambe gonfie e le ramificazioni blu dei capillari che disegnano le caviglie di Lei e ne prova orrore. Senza saper dove andare, si trova nel salotto dove Lui, abbandonato sulla poltrona, dorme russando a bocca spalancata.
Dov’è casa sua?
Guarda la vecchia libreria e il tavolo ovale, assomigliano a quelli della casa dove viveva, ma questi le sembrano inanimati e corrotti.
Dov’è casa sua?
Supera la soglia di casa, inciampando in un ago di pino sullo zerbino e corre nell’erba fradicia del giardino, scomparendo sotto la siepe di bosso.

No, quella non era casa sua!

Lei sente una mano che, dolcemente, le si è appoggiata sopra la spalla. Non si volta subito: continua ancora a cercare imbambolata nella scatola delle foto.
Poi si gira verso la badante con un vago sorriso interrogativo.
È pronta la cena. 

 

 

Stefano Testa

Stefano Testa è nato a Roma nel 1949. Da sempre vive nei pressi di Porretta Terme. Sue recenti pubblicazioni con Prospero Editore sono Qui, a farci quel vento – vol. 1 e Qui, a farci quel vento – vol. 2. Ha fatto molti lavori: il redattore nello storico programma Rai “Gli eroi di cartone”, il bibliotecario, l'addetto stampa in una stazione termale, il musicista. Un suo LP del 1977, Una vita, una balena bianca e altre cose, concept album sulla vita di Cesare Pavese, viene considerato un piccolo gioiello del rock progressive italiano. Nel 2012 ha inciso Il silenzio del mondo e, nel 2016, ha pubblicato per Mellow Record la suite Andrea il Traditore.