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Il ritratto intimo di una generazione cresciuta tra contratti a tre mesi e la speranza di futuri luminosi, che ha vissuto a denti stretti e cuore aperto passioni contrastanti, ma che alla fine ha imparato ad accettare con ironia e serenità il fluire delle cose.
Sono poesie affollate di personaggi invischiati nel magma della vita, che cercano un’occasione di salvezza. Ci sono viaggiatori galattici, donne bellissime senza una meta, un Orfeo testardo e un Enea mangiato dal rimorso, c’è Didone abbandonata e un ragazzo morto in fiamme.
Il linguaggio è immediato e d’impatto, forse tipico di chi ha dovuto unire sintesi ed effetto pur di essere ascoltato.
“Io mi chiamo Telemaco
e mi sono messo in viaggio
perché a casa non tornavi mai
e avevo tanta nostalgia di te.”